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SABOTAGGIO SAUDAFRICA

Da giorni il Sudafrica è attraversato da proteste e saccheggi. Un picco di violenza e sangue che non veniva riscontrato dai tempi dell’apartheid. Arterie stradali, ferrovie e porti sono stati bloccati. Negozi, centri commerciali e uffici devastati. Il bestiame depredato, fabbriche e cliniche assaltate. Esercito e riservisti dislocati a presidiare e contenere le barbarie. Le stime dei danni sono altissime. 
Nel Paese africano, il più colpito del continente dalla pandemia (due milioni di casi e oltre 60mila decessi) e ora nel pieno della terza ondata di contagi, ad accendere la miccia dei disordini è stato l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma, che deve scontare una pena di 15 mesi in carcere per oltraggio alla corte. Per nove anni consecutivi Zuma ha rivestito la massima carica tra scandali ed eccessi, prima di essere letteralmente licenziato con il voto del parlamento e sostituito nel 2018 da Cyril Ramaphosa, che oggi parla di sabotaggio alla democrazia. 
Zuma è stato una figura di primo piano dell’African National Congress di Mandela, impegnandosi nella lotta contro il regime segregazionista dei bianchi. A lungo imprigionato e poi in esilio. Molto popolare nelle township e nelle aree rurali del Paese, meno nel Gauteng, il distretto che comprende le due capitali Johannesburg e Pretoria, dove si concentra la classe media e l’élite nera. Zuma, con l’uscita di scena di Mandela, ha contribuito a trasformare l’ANC da movimento di liberazione a partito stato, connotandolo di pratica clientelare ed incline alla corruzione. L’eredità lasciata da questo “maldestro” politico è stata pesante per le casse pubbliche: spese dissennate, svalutazione della moneta, il rand, e crollo del PIL. La condanna inflittagli ha simboleggiato per molti una vittoria dello stato di diritto sugli abusi e la diffusa illegalità impunemente perpetrati in questi anni. Il populista Zuma invece si considera una vittima di una caccia alle streghe ordita nei suoi confronti. 
La narrativa propagandistica che ha fatto particolarmente breccia nella comunità zulu, tribù a cui appartiene lo stesso Zuma. E al cui spirito etnico ha fatto appello in sua difesa. Il nazionalismo zulu è una delle componenti delle tante identità tribali del Sudafrica (Mandela ad esempio era di origine xhosa), e rappresenta una evidente minaccia alla tenuta della stabilità sociale se veicolato verso l’estremismo sciovinista. Una miscela che diventa ancora più esplosiva se concatenata ad altri fattori: virus, inflazione, disoccupazione, sistema sanitario vicino al collasso, criminalità, povertà e fame. 
Secondo l’ultimo rapporto dell’organizzazione IPC dallo scorso Gennaio, a Marzo 2021 in Sudafrica sono diventate 11,8 milioni (su un’intera popolazione di circa 60 milioni di abitanti) le persone classificate in situazione di allarme alimentare. Disuguaglianze che la pandemia ha finito per acutizzare e Zuma per manipolare. La rinascita africana e la riconciliazione pacifica sognata da Mandela sembrano davvero un lontano ricordo.