ANIMO ENRICO!

Pianeta khmer. Anno del topo e del Covid-19. La stagione delle piogge è alle porte. Il cielo è grigio, anche se i temporali scaricano più tuoni che acqua. Mentre, fameliche zanzare ti rincorrono di stanza in stanza, giorno e notte. Nemmeno le lozioni antipuntura sono uno scudo sicuro contro questi infestanti insetti, pirati dell’aria. Al suolo la fanteria delle formiche rosse scalpita, l’orda non risparmia assalti kamikaze alle mie caviglie. Corri Enrico. Corri e non ti fermare o ti mangiano! Merda. Come vorrei poter dormire in un letto che non sia avvolto in una tenda, lasciare la finestra aperta e sentire la fresca brezza del mattino. Invece col cazzo, caldo e sudore da mesi. Penso di essermi liquefatto almeno mille volte. Il materasso è diventato una piscina, dove tuffarsi. Perfer et obdura! Dolor hic tibi proderit olim. Dicevano i latini. Sopporta e resisti bloccato nel nulla, per quanto? Provate voi a passare una notte dietro l’altra nell’insonnia per colpa dei matrimoni, musica tecno sparata a massimo volume, vetri che vibrano e poi alle primi luci del mattino le casse riprendono a bombardare. Tre giorni di fila, senza sosta. Finita la festa gli invitati se ne vanno, sciamano a poca distanza dove un nuovo allestimento è già pronto e via ancora con il casino assordante. Meglio i funerali, decisamente. Con le loro litanie che ti entrano in testa, liberandoti dai pensieri e riempiendoti di infinita profonda tristezza. Scappa Enrico, metti le ali e vola a razzo prima d’impazzire, non ti è rimasto molto tempo, i tuoi nervi stanno per cedere, ti tremano le mani. Perfer et obdura! Dolor hic tibi proderit olim. Dicevano i latini. Alla scuola della sofferenza sono stato il primo della classe. Oggi, sono diventato intollerante al riso. Non mangio carne che non sia in scatola. La polpa dei manghi mi esce dalle orecchie, l’odore del durian mi fa vomitare. Sobbalzo ai topi che leggiadri danzando mi attraversano la strada. Fuggi Enrico, presto, presto e non ti voltare. Ehi, c’è qualcuno che mi possa aiutare? Pronto unità di soccorso? Mi sono perso nel buco di culo del mondo quanto devo aspettare perchè mi recuperiate? Ho finito le munizioni, l’illusione di farcela è durata poco, giusto il tempo dell’arrivo del virus, che ha fiaccato il morale, ucciso la speranza. Perchè continuate a tenermi qui? Sono un esperimento da laboratorio? Basta con questa tortura. Animo Enrico! “Poteva andare anche peggio? No!”
We gotta get out of this place
if it’s the last thing we ever do …
Dobbiamo andarcene da qui
fosse anche l’ultima cosa che facciamo …
Magari fuori di qui c’è una vita migliore o forse anche no. Comunque sia voglio salire su un aereo diretto chissà dove, addormentarmi cullato dalle nuvole. E svegliarmi lontano, sulla Terra.

Racconto di Enrico Catassi

IL SAHEL TRA IL SULTANO E GLI SCEICCHI

Libia. La guerra civile alle porte dell’Europa che nemmeno la pandemia riesce a fermare. Fallita la possibilità di una transizione democratica, alla caduta del regime di Gheddafi, lo Stato africano è sprofondato in una irreparabile implosione. Scatenando un conflitto senza quartiere, dove riaffiorano lotte tribali ataviche e pesano ingerenze esterne. Bruxelles non cambia atteggiamento, riproponendo la stessa tipologia d’intervento diretto: l’embargo. Altri attori internazionali si affacciano prepotentemente sulla scena. L’Egitto del faraone al-Sisi appoggia il generale Haftar e LNA (l’Esercito Nazionale Libico), al loro fianco lo zar Putin ha schierato l’organizzazione Wagner Group, ovvero mercenari. Meno appariscente l’intervento degli Emirati Arabi che offrono all’ex ufficiale del rais la copertura economica e una rete per assoldare guerriglieri, che si dipana dal Sudan al Ciad fino alle coste del Mar Mediterraneo. Sul fronte opposto il premier al-Sarraj e il GNA (il Governo di Accordo Nazionale) possono contare sull’aiuto, sempre più consistente, del sultano Erdogan che culla il grandioso sogno di ristabilire l’ordine dell’Impero Ottomano. Quest’ultimo intervento nel Sahel ha sostanzialmente cambiato le sorti dell’offensiva lanciata lo scorso anno dagli uomini di Haftar per conquistare la capitale, arenandola. Nel mezzo alla corsa per la spartizione della Libia e delle sue ricchezze, relegate ad un ruolo marginale, le potenze europee: divise e diffidenti l’un l’altra. Il doppio binario di Francia e Italia è l’evidenza di uno strappo non solo diplomatico. Con il nostro Paese più vicino all’esecutivo del GNA e Parigi a sostenere il fuoco di Haftar. Scelte che spingono Roma a collaborare con il signore del Bosforo, continuando, tuttavia, ad essere partner “commerciale” dei custodi della Mecca. Sia la Francia che l’Italia, pur divergendo, aderiscono alla missione europea Irini, che prende il posto della discussa operazione Sophia. A dirigere questo nuovo tentativo di tamponare il flusso illecito di armi è la Marina italiana, che a seguire dovrebbe lasciare il comando del presidio delle acque orientali al largo della Libia alla Grecia. Ma questo passaggio di consegne tra Roma e Atene preoccupa non poco Ankara: per l’alto rischio di vedersi bloccare i rifornimenti verso l’alleato. L’asse di Erdogan con al-Sarraj, suggellato nel nome della Fratellanza musulmana, è finalizzato a disegnare un corridoio nel Mediterraneo meridionale a scapito dell’Egitto, Israele, Grecia e dell’Eni. Nella distopia libica si susseguono giochi di sponda, guerra tecnologica, espansione economica e il sotterraneo lavoro dei servizi segreti: la lunga mano, nascosta e talvolta sporca, della geopolitica globale. Persino la liberazione di Silvia Romano nella lontana Somalia è una piccola mossa di una grande partita, ancora aperta.

BIBI, GANTZ E IL GOVERNO

Israele riapre palestre, mercati e centri commerciali, dopo 6 settimane di chiusura da Covid19. E introduce restrizioni: ingressi limitati in base al volume degli spazi, distanza minima di due metri tra le persone in coda, obbligo d’indossare la mascherina in pubblico. Il paese che convive da anni con la paura del terrorismo, e dei conflitti, ha imboccato la strada della ripresa, rapida ma controllata. Intanto, “Bibi” Netanyahu si intesta la “vittoria” sia contro la pandemia che quella politica per la nascita di un governo d’emergenza. Un esecutivo “benedetto” persino dalla Corte Suprema, che ha rigettato, con verdetto unanime, due petizioni: la prima che chiedeva di riconoscere incompatibile Netanyahu, a processo per corruzione, con l’incarico a premier. E la seconda che metteva in dubbio la correttezza dell’accordo di coalizione tra i due principali partiti nella Knesset, Likud e Kahol Lavan. Cadono, quindi, gli ultimi ostacoli per il ritorno sul trono di Gerusalemme del falco della destra, dopo un lungo periodo in cui ha esercitato il ruolo di primo ministro facenti funzioni.

Netanyahu, il mago della politica israeliana, ha archiviato tre elezioni inconcludenti nell’arco di un anno e ha trovato una soluzione, a lui congeniale, per uscire dallo stallo politico. Scardinando il campo avversario, ha saputo convincere il rivale “Benny” Gantz ad un patto di rotazione al vertice. Il leader del Likud e più longevo premier di Israele, giurerà il 14 maggio, suggellando il più corposo governo della storia, 36 ministri e 16 sottosegretari. Una maggioranza assai variegata che include: partiti religiosi, destra populista, pezzi del centro e una parte della sinistra. Fuori dalla porta, non per motivi ideologici, la destra nazionalista. Come fuori anche la sinistra radicale, i partiti arabi e i liberali di Lapid che non hanno seguito Gantz, in quello che ritengono un abbraccio mortale con il nemico, scindendo il movimento. Il carrozzone messo su da Netanyahu ridisegna completamente il quadro politico, mettendo, almeno apparentemente, fine al periodo dei due blocchi contrapposti. Chi vede raggiunto l’obiettivo prefissato è il presidente israeliano “Ruby” Rivlin, da sempre promotore delle larghe intese e prossimo al termine del mandato, luglio 2021. Dietro le quinte dell’intesa si è prodigato anche l’inquilino della Casa Bianca. Donald Trump è interessato a veder fiorire la sua idea di pace tra palestinesi ed israeliani. Un piano sfarzoso e surreale, che Gantz e Netanyahu hanno promesso di voler mettere in atto presto, intanto con l’annessione di parte dei territori palestinesi lungo la valle del Giordano.

Nonostante sia stata l’emergenza coronavirus a forzare i tempi per la nascita di un governo di unità nazionale, anime così diverse continueranno a trovare terreno di scontro. Vecchi e mai sopiti rancori esploderanno prima o poi tra i banchi della Knesset. E non è detto che, in uno scenario favorevole, Netanyahu decida di puntare direttamente alla presidenza di Israele.