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SI & SULTANO

In Turchia siamo alla vigilia di un referendum imposto dal presidente Erdogan per stracciare la costituzione, un passaggio, se non respinto dall’urna, che avrà conseguenze dirette per l’Europa, forse peggiori della Brexit e della scalata di Trump. Il popolo sovrano turco è posto di fronte alle proprie responsabilità e agli effetti di tale scelta. Per la campagna referendaria Erdogan ha monopolizzato i media, sprigionato con veemenza una propaganda senza freni, dimostrando che non è disposto a perdere, vuole trionfare in qualsiasi modo, persino giocando sporco. In queste ore, secondo gli ultimi sondaggi, l’esito è incerto, è un testa a testa. In pochi voti di differenza si deciderà l’esito cruciale per l’esistenza della repubblica.

Erdogan è un leader carismatico, non c’è dubbio, è un “uomo del popolo” e allo stesso tempo è ossessionato dal complotto, è un fedele osservante a tratti integralista e uno statista ambiguo: in passato europeista convinto e oggi in scia dell’onda trumpiana. Ha ripudiato l’Europa per Putin. Ha quantizzato e mercificato i migranti. Rispolverato il velo per le donne e la museruola alla stampa. Non ha sufficientemente contrasto il terrorismo. Ha preso il potere mobilitando e indottrinando il ceto medio del suo paese, “curando” l’inflazione galoppante grazie agli investimenti occidentali e sfruttando la manodopera sottopagata dei profughi siriani. Erdogan non è un politico dell’apparato tradizionale kemalista ma un outsider “rivoluzionario”, di stampo conservatore e religioso. E la sua rivoluzione islamista non è ancora terminata, l’obiettivo finale è proibire la laicità e imporre il dominio del suo partito, rendendo immortale la sua presenza al governo.

L’intervento popolare invocato e implorato da Erdogan, nelle ore del colpo di stato dello scorso anno, ha salvato il sultano ma non il suo popolo. La minoranza curda, i giornalisti, gli insegnanti, i magistrati e l’opposizione parlamentare pagano il prezzo della vendetta politica, ingiustamente accusati di essere criminali terroristi a prescindere dal coinvolgimento nel golpe. Vittime predestinate del processo metodico di epurazione del regime erdoganista. Il rais di Istanbul ha innescato una rapida trasformazione di accentramento del potere e irrigidimento delle libertà. Se cade Costantinopoli avremo solo rovine e un’uomo forte alla guida del partito assoluto.

I regimi autoritari, non solo in quella parte del mondo, indeboliscono ed esercitano una scollatura civica: fomentano paure e paranoie, manipolano i cittadini, innalzano barriere naturali e culturali, incitano all’avventurismo bellico.

Il Medioriente è un puzzle impazzito: nel Bosforo assistiamo alla nascita di un nuovo impero ottomano; a nord l’annessione della Crimea alla sfera di Mosca è un dato di fatto; lungo le coste del Mediterraneo è immane la catastrofe siriana; sulle rive dell’Eufrate tra Siria ed Iraq sopravvive il Califfato dell’Isis; mentre nel lembo meridionale della regione nel piccolo stato dello Yemen è in essere una guerra silente. Tra le dune del Sinai egiziano si addestrano jihadisti. Nella striscia di Gaza governa la dittatura fondamentalista di Hamas, in Libano abbiamo Hezbollah. Il cuore della Terra Santa è ostaggio del conflitto israelopalestinese. Insomma uno spazio geografico circoscritto composto da una amalgama di autoritarismo e fondamentalismo crescente, contagioso, molto pericoloso. Un sistema tossico che uccide la vita democratica e il rispetto dei diritti umani. Polverizza la pace e il futuro di intere generazioni.

L’Europa è partecipe delle tenebre che offuscano il Medioriente, errori mai riconosciuti e spesso, troppo, volutamente e assurdamente ripetuti. Questo non toglie che oggi rinunciare a sostenere la democrazia nel mondo, in particolare quello in via di sviluppo, è un errore madornale. In un mare in tempesta lasciare al populismo il timone della scialuppa di salvataggio non è la migliore soluzione. La lunga notte pasquale della repubblica parlamentare passerà insonne, all’alba il popolo turco potrebbe trovarsi nelle mani di un nuovo dittatore.