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SETTLERS

In Israele in questi giorni è dibattito sull’occupazione. Molti intellettuali israeliani sono più volte intervenuti pubblicamente per segnalare come l’atteggiamento del governo guidato da Netanyahu abbia contribuito a peggiorare il clima politico. Israele oggi non è più lo stato laico e aperto di qualche anno fa, stanno prevalendo estremismi di tutti i generi. Nelle ultime ore è intervenuto lo scrittore Amos Oz che ha scelto di esprimere la propria opinione scrivendo una lettera ai giornali: «In considerazione delle politiche sempre più estreme del governo israeliano, chiaramente intenzionato a controllare i territori occupati espropriandoli alla popolazione locale palestinese, ho appena deciso di non partecipare più ad alcuna iniziativa in mio onore nelle ambasciate israeliane». La Comunità Internazionale riconosce che il sopruso alla Palestina è nell’occupazione militare israeliana e nella costruzione delle colonie oltre la linea Verde. Entrambe le questioni risalgono al 1967 e ininterrottamente arrivano sino ai giorni nostri. Gli insediamenti di fatto hanno provocato un’alterazione della carta geografica della regione, precludendo il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione in uno stato autonomo. “Il colonialismo odierno ha rimescolato le carte ma la partita rimane truccata.” Inizia così la nostra intervista al professor Lorenzo Veracini, origini toscane e docente all’Università di Melbourne, uno dei massimi esperti in materia di colonialismo. Willem De Klerk, premio Nobel assieme a Mandela, ha detto: “senza una soluzione di due stati per due popoli Israele può trasformarsi in uno stato d’apartheid”. C’è chi ritiene che di fatto è già la realtà della condizione dei palestinesi. Secondo Veracini “ci sono affinità e divergenze. L’affinità principale riguarda il fatto che una comunità si arroga il diritto di controllare la mobilità dell’altra: dove si può andare, quando, con che permessi. Se sei un palestinese e passi la vita a fare la fila ai checkpoint magari la somiglianza ti salta agli occhi”. Oggi, in base agli Accordi di Oslo, la West Bank è divisa in tre tipologie di aree: A, B e C. Le colonie sorgono nelle aree denominate C, sotto il completo controllo israeliano. Dove risiedono oltre 500 mila persone, chiamati internazionalmente settlers. Per il professor Veracini “esistono varie comunità di settlers nella West Bank. Si tratta di gruppi molto diversi che alle volte hanno poco in comune. Tantissimi sono di provenienza statunitense. Quello che accomuna tutti i settlers è il senso di una sovranità politica che si attribuiscono in modo unilaterale. Non negano solo la presenza e i diritti dei palestinesi, contestano in via di principio anche le prerogative dello stato di Israele.” Nella storia di Israele un ruolo fondamentale hanno avuto i pionieri, così si definivano molti kibbutznik appartenenti al modello di vita collettiva. Oggi i coloni hanno fatto proprio il mito del pionierismo e impongono la linea al governo. Veracini sottolinea come “anche qui ci sono affinità e divergenze. La differenza principale a mio avviso è che molti dei kibbutz dopo il ’48 operavano in un contesto dove la pulizia etnica della popolazione palestinese era già avvenuta.” Il segretario di Stato americano John Kerry in un’intervista rilasciata al New Yorker magazine ha criticato il governo israeliano: “Costruire insediamenti e la demolizione di case palestinesi non è una soluzione”. Sulla questione Gerusalemme e Washington sono su posizioni divergenti. Il docente dell’Università di Melbourne commenta così: “Se ci fosse un processo di pace gli insediamenti peserebbero tantissimo. Ma un processo di pace degno di questo nome al momento non c’è. Quindi, in realtà, per il momento, il problema conta relativamente poco”. La polizia israeliana è impegnata a contrastare i price tag, crimini vandalici e terroristici compiuti da organizzazioni di fanatici coloni. “Il colonialismo produce ideologie disumanizzanti, sopratutto nei casi dove la prossimità fisica tra colonizzato e settler crea i presupposti per un processo di radicalizzazione”. È l’analisi del professor Veracini. In Europa intanto si continua a discutere di boicottaggio e misure di tracciabilità dei prodotti provenienti dagli insediamenti e il dibattito è acceso. A riguardo Veracini dice: “Non c’è una sottile linea rossa tra i due approcci. Sono due cose completamente diverse. Il primo approccio costituisce un atto politico. Il secondo sancisce un mero dato di fatto. La scelta poi passa al consumatore”. Il microcosmo dei coloni in Palestina è una materia complessa e contraddittoria. Uno dei tanti problemi irrisolti del Medioriente.