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LO LO LO IRA RA

Prima i tanti, tantissimi, insulti, le offese antisemite. Poi le minacce di morte. Infine, la necessità di dare alla senatrice a vita Liliana Segre protezione. Lei 89 nove anni, scampata agli orrori della Shoah, costretta a camminare per strada scortata da due carabinieri. Vittima, ancora una volta, di mostri, autori di sconcertanti violenti episodi. Non meno complice di questo agire è quella retorica che non condanna apertamente, che tende se non a giustificare questi atteggiamenti razzisti almeno a minimizzarli, cullando la disumanità di persone pericolose. Disgustosi esseri che a passo dell’oca camminano sul web, e dalle loro tastiere intonano cori abominevoli: “Sporca ebrea”. Invocano il delirio di Hitler: “non ha fatto il suo lavoro fino in fondo”. Chattando senza pudori turpiloqui da SS: “ti auguro di bruciare in un termovalorizzatore”. A lei che quattordicenne era ad Auschwitz: “davanti ai soldati venimmo rapate a zero, ci vennero rasati il pube e le ascelle, e poi, con estremo sfregio e spregio, ci fu tatuato il numero sul braccio sinistro”. Deportata tra i forni dei lager nazisti che sterminarono un milione e mezzo di bambini ebrei: “dormivo con le dita nelle orecchie perchè era troppo”. Liliana Segre è una testimone della nostra storia, la memoria che ci ricorda cos’è il bene e dove ci porta il male: dal binario 21 della stazione di Milano ai cancelli dell’Inferno, il viaggio senza ritorno di migliaia di ebrei italiani e dissidenti del regime. Traditi dal loro sovrano, pugnalati dal silenzio di una parte d’Italia, condannati a morte dal fascismo.
La Segre è una splendida figura, una grande donna che merita carezze e abbracci. E invece c’è chi si scaglia sbavando odio contro di lei, minacciandola di morte quando dovrebbe provare affetto, riconoscenza. È troppo, non possiamo tacere, lasciar correre. Smettetela. Avete passato ogni limite. Come potete scendere così in basso!? A quale civiltà credete di appartenere? Non certo a quella fondata sui diritti, sulla democrazia, sul rispetto e sulla costituzione.

Gam Gam Gam Ki Elekh
Beghe Tzalmavet
Lo lo lo Ira Ra
Ki Atta Immadì

Gam Gam Gam Ki Elekh
Beghe Tzalmavet
Lo lo lo Ira Ra
Ki Atta Immadì

Šihiivtekha umišantekhà
Hema yenakhamuni

(Elie Botbol, Gam Gam)

IL GIORNO DELLA MEMORIA

Il Giorno della Memoria è il ricordo della Shoah, ed è giusto non dimenticare mai quello che è accaduto. Ma oggi deve essere sempre di più un momento per ribadire che umanità e civiltà devono accompagnarci nella vita. Stiamo vivendo nella nostra Europa un periodo pericoloso di violenza, basta vedere gli ultimi casi: poco tempo fa assalito un ebreo perché indossava la kippah a Marsiglia e a Milano è accaduto un episodio identico, con l’accoltellamento di un ebreo ortodosso. In queste ore il muro della Sinagoga nell’antico quartiere ebraico di Istanbul è stato imbrattato di scritte. Affrontiamo un nuovo radicamento dell’antisemitismo, mentre le voci dei sopravvissuti alla Shoah si stanno spegnendo piano piano, per sempre. Intanto le teorie negazioniste imperversano dentro e fuori i confini del nostro Vecchio Continente, il fondamentalismo fomenta il razzismo in un ciclo di terrore, di morte. E la possibilità di una nuova Shoah incombe. “Io ero convinta che fosse una cosa che non si sarebbe mai ripetuta, mai. Adesso molto meno. Alla gente non interessa sapere, sarebbero pronti domani a rifare le stesse cose”. Parla così Iris Steinmann a Marcello Pezzetti nella raccolta di racconti dal titolo “Il libro della Shoah italiana”. Nei racconti dei sopravvissuti all’Inferno dello sterminio c’è spesso una visione negativa per il futuro: sono conclusioni che devono far riflettere, è un monito da non sottovalutare. Verità da ascoltare e tramandare. “Un giorno la nostra blokova (le donne che controllavano i bambini nei lager, anche chiamate “angeli della morte”) ci ha detto: Vi chiederanno se volete raggiungere la mamma, voi dovete dire di no! … Poi hanno radunato tutti noi bambini e ci hanno chiesto: Chi vuol andare dalla mamma? Mio cugino Sergio è stato fra quelli che hanno voluto raggiungere la mamma. Noi gli abbiamo detto: No, non andare, resta con noi! Ma lui ha voluto andare. Mi sono sempre chiesta se questo ricordo può essere vero, perché non è possibile chiedere a dei bambini: Volete andare dalla mamma? Andra Bucci ha obbedito alla donna che la controllava ed è stata la sua salvezza. Il piccolo Sergio De Simone è stato condotto nel campo di Neuengamme dove i bambini erano usati come cavie per esperimenti, iniettando i bacilli vivi della tubercolosi. Sergio venne impiccato in una scuola di Amburgo pochi giorni prima della fine della guerra, aveva creduto che perfidi uomini volessero fargli incontrare la madre. Questo ha fatto il nazismo con la complicità del fascismo. “Io sono ebrea. Se mi riportassero in campo di concentramento non cambio religione”, commentò Matilde Beniacar. Negare oggi a qualcuno di indossare la kippah è un crimine grave che deve svegliare le coscienze e allontanare il dubbio che possa diffondersi quel torpore che in tempi passati accompagnò la nascita del nazifascimo in Europa. I simboli dell’ebraicità, come quelli della cristianità in Medioriente, in questo momento sono vulnerabili alla violenza del fondamentalismo, quella sottile linea rossa tramandata a così caro prezzo rischia di essere oltrepassata. “Testimoniare per me vuol dire tornare indietro come era una volta, e poi settimane e settimane per riuscire di nuovo a riprendere la vita normale …. se si può dire normale, perchè la vita non è stata più normale per noi”, dice così Shlomo Venezia nel libro di Pezzetti. Il 22% dei partecipanti all’ultima ricerca elaborata dall’istituto SWG in collaborazione con la redazione giornalistica (Pagine Ebraiche) dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, anticipata in queste ore, dichiara che il giorno della Memoria non serve più a nulla. Invece, la percezione generale degli intervistati è che “in Italia il sentimento antisemita resti poco o per nulla diffuso”. Poco non vuol dire mai più.