Israele si prepara al voto, martedì è giorno di elezioni per la seconda volta in meno di un anno, non era mai accaduto nella storia di questo stato. Gli ultimi sondaggi predicono una situazione di stallo politico: la destra a trazione Netanyahu non riesce a raggiungere la soglia dei 61 parlamentari, che garantisce la maggioranza. Il leader del Likud e i suoi alleati oscillerebbero tra i 57 e 60 seggi nella futura Knesset. L’indomabile falco e il suo avversario più quotato, il generale Gantz leader della lista centrista Kachol Lavan, sarebbero testa a testa. Comunque, se fosse l’ex capo di stato maggiore dell’esercito a tagliare il traguardo per primo come da prassi istituzionale riceverebbe dalle mani del presidente Reuven Rivlin l’incarico esplorativo, aprendo la strada ad uno scenario che è il peggior incubo di Netanyahu, ovviamente assieme ai processi per corruzione che incombono. Fattori negativi che sommati rischiano di compromettere definitivamente la sua longeva carriera politica. Nella precedente tornata ad aprile ha fallito l’obiettivo del quinto mandato a causa della rottura con il nazionalista russofono Lieberman. Questa volta in cerca di nuovi alleati è costretto a fare spazio nella coalizione parlamentare alla piccola forza dell’estrema destra razzista Otzma, rinunciando a qualche voto. In virtù del sistema proporzionale puro che prevede una barriera al 3,25%. Tuttavia vedremo se Netanyahu è veramente interessato a mantenere questo patto “mortale” fino in fondo, caratterizzando il prossimo esecutivo marcatamente a destra, oppure che con una strambata finisca per optare, all’ultimo minuto, per la sua tattica preferita, la cannibalizzazione dei partiti che gravitano intorno a lui. Intanto, il frammentato e bastonato centro-sinistra può solo fare meglio delle ultime elezioni, in attesa di tempi migliori e di un “Messia” che ricomponga i cocci di una cultura oggi sfilacciata e franata nei consensi. Sinistra affossata da un decennio di pensiero dominante di Netanyahu, che per la prima volta è entrato in dirittura d’arrivo ad una campagna elettorale rompendo il passo. La ripetizione stantia di cliché già sfruttati, gli asfissianti canoni della propaganda sovranista, hanno incontrato qualche inciampo di troppo. I proclami di allarme per il nucleare iraniano, l’annessione della Cisgiordania – non tutta ma una porzione, a ridosso del Giordano e del Mar Morto –, l’esibire le potenti amicizie, da Trump a Putin, il gridare al complotto che lo perseguita (ordito da arabi, sinistra, stampa e magistratura) sono tutti anatemi abusati abbondantemente dalla retorica narrativa di Netanyahu e dalla destra populista. Le certezze invece sono che Trump pensa ad un incontro storico con la controparte iraniana, dopo aver silurato dal suo staff il consigliere John Bolton, preziosissimo a Netanyahu e alla sua visione geopolitica del Medioriente. E che Putin ha bocciato seccamente l’idea di annessione parziale di Territori palestinesi occupati.
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NETANYAHU SCEGLIE LA PRIMAVERA PER LE ELEZIONI
In Israele verso il voto. Elezioni ad Aprile, anticipate rispetto alla naturale scadenza di mandato del prossimo autunno. Lo scioglimento della Knesset, il parlamento, era nell’aria da qualche settimana, dopo l’uscita dalla maggioranza del partito guidato dal nazionalista Lieberman, che di fatto aveva staccato la spina all’attuale esecutivo. E così la campagna elettorale entra nel vivo, all’insegna della ricerca dell’antitodo a Netanyahu. Il falco della destra israeliana resta, almeno per il momento, il candidato favorito. In questi anni ha tenuto ben saldo il potere nelle sue mani, concentrando su di se attenzione e dicasteri. Dal suo cilindro magico inaspettatamente può uscire di tutto: guerre, tregue, minacce, affari. È impelagato in una serie di procedimenti della magistratura per presunta corruzione. Le indagini sono tutt’ora in corso ma nessuno è convinto che i giudici si esprimeranno in tempi rapidi, rischiando di portare il dibattito politico in un campo di scontro mortale tra organi dello stato. Una bomba ad orologeria a cui è stato temporaneamente disattivato il timer. Correrà in parallelo al voto per il rinnovo del parlamento europeo, dove appoggia apertamente i partiti populisti. Netanyahu ha una lunga esperienza nel collezionare successi elettorali. In pubblico è uno squalo nel suo habitat. Vittime preferite, e predestinate, sono i leader del centrosinistra laburista, messi tutti al tappeto da Ehud Barak a Isaac Herzog. Chi non vorrebbe entrare nella fossa del leone è il segretario in carica Avi Gabbay. Disposto a farsi da parte per dare spazio, anche alla luce di impietosi sondaggi, ad un blocco centrista. Se la coalizione dovesse concretizzarsi il nome più plausibile al vertice del listone dovrebbe essere quello di Benny Gantz, ex capo di stato maggiore dell’IDF. Le chance di sconfiggere il falco sono appese ad un filo tenue.